SENTIERI D'INCHIOSTRO - VOLUME 2
UNITÀ 7 - STORIE DI UNA VITA
  
                            

MARINA CORRADI
IO E MIA MADRE


Marina Corradi racconta le sue estati trascorse in
montagna con la famiglia. Descrive attentamente
ciò che vede e sente, ricordando gli affetti con i
quali è cresciuta e in particolare il rapporto con
la madre.


Ma il gioco del fuggire1 non significa che io non stia
bene in questa larga, cordiale casa. Sto così bene anzi
nelle sue stanze larghe, abbondanti, non ritagliate
stentatamente in spazi avari come la mia casa a
Milano. Sto bene nell’armonia di profumo di rose e
colori chiari con cui mia madre, a ogni nuova estate,
colonizza le stanze vuote: coperte a fiori, tovaglie
color fucsia, lavori a maglia rosa ciclamino. E cappelli
di paglia a larghe tese appesi all’attaccapanni, e sulla
toeletta spazzole, pettini, borotalco, rossetti, specchi.
Un’aura2 di femminilità si allarga naturalmente
attorno a mia madre. Crostate, ricami, uncinetto –
lei fa bene qualsiasi cosa tocchi. Io, naturalmente
maldestra, brusca, pasticciona, tento con scarsa
convinzione di imitarla.
In piedi su uno sgabello rimescolo la crema pasticciera
che bolle sui fornelli.
«Non così. Vedi? Così», mostra mia madre
prendendomi dalle mani il cucchiaio di legno e
imprimendogli un movimento costante e lieve.
Riprovo. Ma dopo appena due giri la crema riconosce
la mia mano goffa e impazzisce: grumi collosi la
trasformano in una pozione da strega. La mamma
impasta uova, farina, burro, nelle sue mani in un
momento gli ingredienti si amalgamano in una pasta
soffice. Provo io: la pasta frolla alla fine risulta
stranamente ingrigita, e peli di gatto, semi di ribes
infiltrati nell’impasto sono le tracce delle mie mani
mai del tutto pulite.
Lei lavora a maglia; ha un ritmo naturale come il
respiro nell’alzare il filo e passarlo sotto ai ferri, e
con la sua mano costante i punti sono perfettamente
regolari. Provo io. Quando sono calma i punti sono
troppo larghi, quando sono nervosa, strettissimi; la
maglia che ne viene sembra una fisarmonica, tutta
arricciata.
Mia madre sospira: «Questa bambina non è portata,
per i lavori di casa».
Come non ci assomigliamo. Io, faccia tonda,
occhioni, naso largo, sono il ritratto di mio padre.
(È Lucetta,3 lo so bene, la figlia uguale a lei, la
compagna, l’amica.)
La sera nella grande casa di via Faloria giochiamo
a carte e a scacchi. Lente, uguali e dolci le ore nel
soggiorno con la tappezzeria a fiori, mentre fuori
dalle finestre il cielo diventa nero. La mia bizzarra
idea di essere inseguita da un’ombra nemica, il gioco
di dover scappare – fantasie di bambina. (E però
dalla notte, fuori, dai prati bui, veramente non c’è un
nemico che osserva le nostre partite a rubamazzetto
attorno al tavolo illuminato, quelle che mio fratello
e la mamma mi fanno vincere, per non farmi
arrabbiare? Davvero non c’è nessuno lì fuori? Forse
cento strade segrete non basteranno a scappare.)
M. Corradi, Da bambina, Marietti

1 gioco… fuggire: se un nemico o un ladro fosse arrivato
in quella casa, l’autrice avrebbe trovato percorsi di uscita,
lo chiamava “il gioco delle vie di fuga”.
2 aura: aria.
3 Lucetta: la sorella maggiore dell’autrice.

RIELABORARE E RIFLETTERE SU DI SÉ
Rispondi alle seguenti domande.
a. Quale considerazione ha l’autrice della mamma?
b. Quali sono le differenze che nota la protagonista quando si paragona a sua madre?


                            


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