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10 L’età ellenistica

◗ La rivoluzione di Alessandro Magno


Sono pochi gli eventi storici che, per la loro rilevanza e per le loro conseguenze, segnano in maniera emblematica la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova. La grande spedizione di Alessandro Magno (334-323 a.C.) è uno di questi e anzi uno dei più significativi, non solo per le conseguenze politiche che provocò, ma per tutta una serie di concomitanti mutamenti di antiche convinzioni, che determinarono una svolta radicale nello spirito della grecità. Fu un avvenimento che segnò la fine dell’era classica e l’inizio di una nuova era.
La conseguenza politicamente più significativa prodotta dalla rivoluzione di Alessandro fu il crollo dell’importanza socio-politica della polis. Già Filippo il Macedone, padre di Alessandro, nel realizzare il suo disegno di predominio macedone sulla Grecia, pur rispettando formalmente le città, aveva incominciato a minare le loro libertà. Ma Alessandro, con il suo disegno di una monarchia universale divina, che avrebbe dovuto riunire insieme non solo le diverse città, ma anche paesi e razze diverse, vibrò un colpo mortale all’antica concezione della città-stato. Alessandro non riuscì a realizzare il suo disegno a causa della morte precoce avvenuta nel 323 a.C., e forse anche perché i tempi non erano ancora maturi. Tuttavia, dopo il 323, il potere politico dal dissolto impero di Alessandro passò ai nuovi regni che si formarono in Egitto, in Siria, in Macedonia e a Pergamo . I nuovi monarchi accentrarono nelle loro mani il potere e le città-stato, perdendo via via le loro libertà e la loro autonomia, cessarono di fare storia come l’avevano fatta in passato.
Veniva così distrutto quel valore fondamentale della vita spirituale della Grecia classica, che costituiva il punto di riferimento dell’agire morale, e che Platone nella Repubblica e Aristotele nella Politica avevano non solo teorizzato, ma perfino sublimato e ipostatizzato, facendo della polis non una semplice forma storica, ma la forma ideale di Stato perfetto. Di conseguenza, agli occhi di chi visse la rivoluzione di Alessandro, queste opere venivano a perdere il loro significato e la loro vitalità e si collocavano in una prospettiva lontana in distonia con i tempi.

◗ Diffusione dell’ideale cosmopolitico


Al declino della polis non corrispose la nascita di organismi politici dotati di nuova forza morale e capaci di accendere nuove idealità. Le monarchie ellenistiche, nate dal dissolto impero di Alessandro furono organismi instabili, e comunque non tali da coinvolgere i cittadini o da costituire un punto di riferimento per la vita morale. L’uomo greco da “cittadino” diventa “suddito”. La vita nei nuovi Stati si svolge indipendentemente dai suoi voleri. Le nuove abilità che contano non sono più le antiche “virtù civili”, ma sono specifiche conoscenze tecniche che non possono essere in possesso di tutti, perché richiedono studi e disposizioni speciali. In ogni caso, esse perdono l’antico contenuto etico per acquistarne uno più propriamente professionale. L’amministratore della cosa pubblica diventa un funzionario, il soldato un mercenario e, accanto a questi, nasce l’uomo che, non essendo più né l’antico cittadino né il nuovo tecnico, di fronte allo Stato assume un atteggiamento di neutrale disinteresse, quando non di avversione. Le nuove filosofie teorizzeranno questa nuova realtà, collocando lo Stato e la politica fra le cose neutre, ossia moralmente indifferenti o addirittura fra le cose da evitare.
Nel 146 a.C. la Grecia perde addirittura la libertà, diventando una provincia romana. Ciò che Alessandro aveva sognato lo realizzarono, in ben altra forma, i Romani. E così il pensiero greco, non vedendo una positiva alternativa alla polis, si rifugiò nell’ideale del cosmopolitismo, considerando il mondo intero una Città, fino al punto da includere in questa cosmopolis non solo gli uomini ma anche gli dei. In questo modo si dissolve l’antica equazione fra uomo e cittadino, e l’uomo è costretto a ricercare una sua nuova identità.
Questa nuova identità è quella dell’individuo ed è proprio nell’età ellenistica che l’uomo comincia a scoprirsi in questa dimensione. «L’educazione civica del mondo classico formava dei cittadini; la cultura dall’età di Alessandro in poi ha foggiato individui. Nelle grandi monarchie ellenistiche i legami e i rapporti fra l’uomo e lo Stato divengono ognor meno stretti e imperiosi; le nuove forme politiche, in cui il potere è tenuto da uno solo o da pochi, sempre più concedono a ognuno di foggiare a suo modo la propria vita e la propria persona morale, e anche nelle città in cui perdurano, come in Atene (almeno nella forma), gli antichi ordinamenti, l’antica vita civica, ormai degradata, pare sopravviva a se medesima, languida, intimidita, fra velleità di reazioni represse, senza profondi consentimenti negli animi. L’individuo è ormai libero di fronte a se stesso» (Ettore Bignone ). E, come è ovvio, dalla scoperta dell’individuo si cade, talora, negli eccessi dell’individualismo e dell’egoismo.
Ma la rivoluzione era stata di tale entità che non era facile muoversi con equilibrio nella nuova direzione.
Come conseguenza della separazione dell’uomo dal cittadino nasce in parallelo la separazione tra etica e politica. L’etica classica fino ad Aristotele era basata sul presupposto dell’identità dell’uomo e del cittadino e si fondava sulla politica, e anzi era subordinata a essa. Per la prima volta nella storia della filosofia morale, nell’età ellenistica, grazie alla scoperta dell’individuo, l’etica si struttura in maniera autonoma, basandosi sull’uomo nella sua singolarità. I Greci avevano ritenuto i Barbari “per natura” incapaci di cultura e di libere attività, e quindi “per natura schiavi”. Ancora Aristotele, come abbiamo visto, aveva teorizzato nella Politica questa convinzione. Per contro, Alessandro tentò, e non senza successo, la gigantesca impresa dell’assimilazione dei vinti Barbari e della loro parificazione con i Greci. Fece istruire migliaia di giovani Barbari in base ai canoni della cultura greca e li fece preparare nell’arte della guerra con tecnica greca (331 a.C.). Ordinò, inoltre, che soldati e ufficiali macedoni sposassero donne persiane (324 a.C.).
Anche il pregiudizio della schiavitù verrà contestato dai filosofi, almeno a livello teorico. Epicuro non solo tratterà familiarmente con gli schiavi, ma li vorrà partecipi nel suo insegnamento. Gli Stoici insegneranno che la vera schiavitù è quella dell’ignoranza e che alla libertà del sapere possono accedere sia lo schiavo sia il suo sovrano: e la storia dello Stoicismo terminerà in modo emblematico con Epitteto e Marco Aurelio, uno schiavo liberato e un imperatore.

◗ Dalla cultura ellenica alla cultura ellenistica

La cultura ellenica nel suo diffondersi fra i vari popoli e le varie razze divenne ellenistica. Questa diffusione comportò, inevitabilmente, una perdita in profondità e in purezza dal momento che, venendo a contatto con tradizioni e credenze diverse, la cultura ellenica ne assimilò alcuni elementi. Si fecero sentire gli influssi dell’Oriente e i nuovi centri di cultura quali Pergamo , Rodi , e soprattutto Alessandria , con la fondazione della Biblioteca e del Museo dovuta alla dinastia dei Tolomei, finirono con l’offuscare la stessa Atene . Se Atene riuscì a rimanere la capitale del pensiero filosofico, Alessandria diventò, dapprima, il centro in cui fiorirono le scienze particolari e poi, verso la fine dell’età ellenistica e soprattutto in età imperiale, anche il centro della filosofia.
Anche da Roma , militarmente e politicamente vincitrice, che tuttavia venne culturalmente conquistata dall’Ellade, vennero stimoli nuovi improntati al realismo latino, i quali contribuirono in maniera rilevante a creare e a diffondere il fenomeno dell’eclettismo, di cui diremo più avanti. I più eclettici dei filosofi furono quelli che ebbero più intensi contatti con i Romani e il più eclettico di tutti fu Cicerone, romano.
Si comprende quindi come il pensiero ellenistico si concentri soprattutto sui problemi morali, che si impongono a tutti gli uomini. E nell’impostare i grandi problemi della vita e nel proporre alcune soluzioni i filosofi di quest’età hanno creato qualcosa di veramente grandioso. Cinismo, Epicureismo, Stoicismo, Scetticismo hanno proposto modelli di vita cui gli uomini hanno continuato a ispirarsi per oltre mezzo millennio, e che, anzi, sono addirittura diventati paradigmi spirituali.