IL TEMPO, NOI E LA STORIA - DIDATTICA INCLUSIVA 3
UNITÀ 2. LE RADICI DELLE TRAGEDIE DEL NOVECENTO
  
             

TESTO BES
CAPITOLO 3 - L’ETÀ GIOLITTIANA

1. Il decollo dell’industrializzazione
Il periodo tra il 1901 e il 1914 fu chiamato età giolittiana perché fu dominato dal politico Giovanni Giolitti, ministro degli Interni nel Governo Zanardelli e poi presidente del Consiglio.
Nell’età giolittiana ci fu la rivoluzione industriale in Italia e, grazie ai prestiti delle banche, nacquero nuove aziende, inoltre il protezionismo difese le industrie dalla concorrenza straniera.
Torino, Milano e Genova erano il triangolo industriale e per le automobili si svilupparono FIAT, Lancia e Alfa Romeo.
Nel settore tessile crebbe l’industria del cotone e della seta.
Nelle città nacquero l’illuminazione, i trasporti e i servizi pubblici.
L’agricoltura si sviluppò al Nord nella Pianura Padana, dove migliorarono le tecniche produttive.
Lo sviluppo toccò poco il Mezzogiorno d’Italia, dove la principale attività continuava a essere l’agricoltura.

2. La politica del «doppio volto»
Con la rivoluzione industriale, Giolitti aveva un’Italia divisa in due.
Nel Nord gli operai protestavano perché il salario era basso e l’orario di lavoro lungo; si arrivò allo sciopero generale di tutti i lavoratori che chiedevano democrazia e libertà.
Nel Sud, povero e arretrato, c’erano «le clientele», cioè i favori dei politici in cambio di voti.
La politica di Giolitti venne chiamata del «doppio volto», aperto e democratico con il Nord, corrotto con il Sud.
Al Nord non impedì gli scioperi, migliorò il lavoro, ricostruì la Cassa nazionale per l’invalidità e la vecchiaia dei lavoratori e tutelò la maternità delle lavoratrici.
Il Sud fu impoverito; con i prefetti controllò le elezioni politiche, usando anche la mafia.

3. Riforme economiche ed emigrazione
Giolitti rese statali le ferrovie e creò l’INA, cioè Istituto Nazionale Assicurazioni, a cui si opposero le assicurazioni private.
Il governo Giolitti intervenne con leggi speciali per rimediare ai terremoti che sconvolsero il Sud, tranne per la costruzione dell’acquedotto pugliese; i salari dei lavoratori del Sud diminuirono mentre al Nord le fabbriche non riuscivano ad assorbire i lavoratori delle campagne.
L’unica soluzione fu l’emigrazione, quasi 9 milioni di persone del Nord partirono verso altri Paesi europei, Francia e Germania, mentre dal Sud si spostavano verso i Paesi extraeuropei, come Argentina, Brasile, Stati Uniti.

4. Le riforme politiche
La principale riforma di Giolitti fu il suffragio universale maschile, cioè il diritto di voto per i cittadini maschi.
In Italia, all’inizio del 1900, le organizzazioni di massa erano cattoliche e socialiste e Giolitti cercò di inserirle nella politica.
Dopo l’enciclica Rerum Novarum nacquero i sindacati cattolici, l’Azione cattolica e la Democrazia Cristiana.
Nel 1919 don Luigi Sturzo fondò il Partito Popolare Italiano.
Nel 1892 venne fondato a Genova il Partito Socialista Italiano.
Al suo interno i riformisti, con Filippo Turati, volevano cambiare la società con le riforme, mentre i massimalisti, guidati da Benito Mussolini, credevano nella rivoluzione.
Giolitti cercò l’appoggio dei socialisti riformisti e invitò Turati a far parte del suo governo, ma lui non accettò e nel 1912 al Congresso di Reggio Emilia venne messo in minoranza dai massimalisti di Mussolini, il direttore del giornale l’Avanti.
Giolitti, per avere il consenso dei cattolici, permise l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche.
Nel 1913 stipulò un accordo con l’Unione Elettorale Cattolica diretta dal conte Gentiloni, con il patto Gentiloni elesse al Parlamento 300 deputati liberali.

5. La fine dell’età giolittiana
Giolitti riprese l’espansione coloniale per avere l’appoggio dei nazionalisti e accontentare l’opinione pubblica che voleva nuove terre per dare lavoro agli emigranti.
Giolitti mirò alla Libia e nel 1911 l’Italia dichiarò guerra alla Turchia, che dominava la Libia.
Dopo i successi italiani, la popolazione libica organizzò una resistenza e gli italiani occuparono 12 isole greche dei Turchi, che formarono il Dodecaneso.
Nel 1912 l’Italia firmò la pace con i Turchi.
Il governo italiano descrisse la Libia come un’oasi fiorita ma in realtà produceva solo datteri, sale e poco altro.
Nel 1959, quando la Libia non era più italiana, fu scoperto il petrolio.
La guerra in Libia indebolì Giolitti che diede le dimissioni e il re Vittorio Emanuele II scelse come successore Antonio Salandra.
Nel 1914 in Romagna e nelle Marche scoppiarono dei disordini, chiamati settimana rossa per la presenza dei socialisti, e Salandra inviò l’esercito per reprimerli.


             


  Editrice La Scuola © Tutti i diritti riservati