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Anassagora
Clazomene 497 a.C.-Lampsaco 428 a.C.

Anassagora, nato nel 497 a.C. nelle colonie ioniche dell'Asia Minore e formatosi probabilmente alla scuola di Anassimene a Mileto, è vissuto per un trentennio ad Atene dove arriva nel 462, diventando uno dei principali consiglieri di Pericle e uno dei principali intellettuali ateniesi; condannato per 'empietà' in uno dei processi che verso il 433-431 a.C. investirono il circolo di Pericle fu esiliato e probabilmente insegnò qualche anno a Lampsaco e vi morì nel 428 a.C.

Anassagora di Clazomene viene annoverato nel gruppo dei presocratici 'pluralisti' insieme a Empedocle, agli atomisti Leucippo e Democrito e ad altri pensatori minori.
Oltre ad essere stato una figura di spicco nell'evoluzione della riflessione filosofica presocratica Anassagora ha segnato anche l'ingresso della discussione filosofica nella città di Atene che rapidamente avrebbe assunto una posizione di predominio incontrastato nella vita intellettuale del mondo greco.
La fonte principale di informazioni sulla vita di Anassagora è Diogene Laerzio (Vite dei filosofi, II, 6-15 = DK59A1), che riferisce che Anassagora nacque nella 70° olimpiade (500-497 a.C.) da una famiglia nobile di Clazomene e che fu «allievo di Anassimene» (DK59A1). Le fonti e gli aneddoti riportati delineano alcuni tratti stereotipici del filosofo: dal suo distacco per il denaro, che lo spinge a lasciare la propria eredità ai suoi fratelli, alla scarsa sensibilità in generale nei confronti dei beni materiali: «Si distinse per nobili natali e per ricchezze, ma anche per i grandi sentimenti, dato che cedette ai parenti l'intero patrimonio. Accusato da essi di non curarsene, replicò loro: «Perché allora non ve ne occupate voi?». Alla fine si trasse in disparte, per darsi allo studio dei fenomeni naturali, senza partecipare alla vita politica. A chi, una volta, gli obiettava: «Della patria non ti importa nulla?», «Zitto!», rispose, e, indicando il cielo, soggiunse: «Della patria mi importa, eccome!».» (Ivi)
Dal punto di vista biografico l'evento principale della vita di Anassagora è il suo arrivo ad Atene nel 462 a.C., quasi quarantenne, (o forse anche molto prima, interpretando un accenno dello stesso Diogene) e la sua amicizia con Pericle. Pare che anche Euripide abbia avuto un rapporto di amicizia e stima con Anassagora (DK59A1, par.10), e che invece i rapporti siano stati pessimi con Democrito, che egli non volle accettare alle proprie lezioni. 'Dicono che fosse in cattivi rapporti con Democrito, dato che restò escluso dalle sue lezioni' (DK59A1)
Anassagora visse ad Atene in un periodo politicamente molto teso, che vede emergere la figura di Pericle attraverso una lotta politica molto dura tra le opposte fazioni. Proprio la durezza dello scontro politico ateniese portò ad attacchi personali verso coloro che si trovavano nello schieramento di Pericle, e uno di questi attacchi fu portato contro Anassagora, che fu accusato di "empietà" a causa delle opinioni espresse sulla natura del sole e della luna, definite come una "massa incandescente" e un "globo roccioso" in contrasto con un decreto promosso da Diopite contro chi 'non credesse negli dèi'. Con analoghi intenti politici erano stati avviati anche i processi contro Fidia (prima accusato di furto dell'oro utilizzato per una statua e poi di empietà) e contro Aspasia. Cleone mise sotto accusa Anassagora che fu difeso personalmente da Pericle. La datazione del processo non è univoca e oscilla tra il 440 e il 430, e probabilmente ebbe luogo nel 431 a.C. o nel 433 a.C.
Su questo punto esistono tuttavia diverse versioni: Secondo alcuni Anassagora fu condannato ad una multa ed all'esilio; secondo altri fu arrestato e poi rilasciato perché malato. La versione più diffusa è quella dell'esilio di Anassagora nella Ionia, a Lampsaco, dovrebbe avrebbe creato una scuola e dove sarebbe morto nel 428 a.C.. "I cittadini di Lampsaco gli dettero onorevole sepoltura e posero sulla tomba questa iscrizione: Qui, dopo essersi molto avvicinato alla verità / del cosmo celeste, giace Anassagora." (Diogene Laerzio, DK59A1)
"Del suo processo si raccontano cose diverse. Stando a ciò che dice Sozione nella sua Successione dei filosofi, egli sarebbe stato accusato di empietà da Cleone, avendo detto che il sole è una massa incandescente, per il favorevole intervento del suo allievo Pericle; fu però multato di cinque talenti e mandato in esilio. Nelle sue Vite Satiro afferma, invece, che fu citato in giudizio da Tucidide, rivale di Pericle, e accusato non solo di empietà ma anche di connivenza con i Medi, e che fu condannato a morte in contumacia...Ermippo racconta invece nelle Vite che egli fu incarcerato per esser giustiziato, ma Pericle, fattosi avanti, chiese agli Ateniesi se avessero qualcosa da addebitargli, e avutane risposta negativa, osservò: «Ebbene, io sono suo discepolo. Non uccidetelo, dunque, accecati dalle calunnie, ma datemi ascolto e lasciatelo libero». Ed egli fu quindi rilasciato; ma non riuscendo a sopportare l'affronto si tolse la vita. Ieronimo, nel secondo libro dei Ricordi sparsi, afferma che Pericle lo indusse a presentarsi in tribunale sfibrato e smagrito dalla malattia, tanto che fu rilasciato più per compassione che dietro regolare verdetto. Questo è quanto tramandano sul suo processo." (Diog.Laerzio, cit in DK,59A1).
Delle sue opere rimangono 22 frammenti dal primo libro di uno scritto perduto "sulla natura" riportati nell'opera di Simplicio di Cilicia.