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Antistene
Atene 445-365 a.C.

Nato ad Atene nel 445 a.C., Antistene, dopo essere stato a lungo nella cerchia di Gorgia, è stato uno dei principali esponenti del circolo socratico. Unico amico di Socrate rimasto ad Atene dopo la morte di Socrate nel 399 a.C., apre una scuola al Cinosarge, accentuando la componente etica del pensiero socratico e gettando le basi del cinismo, che assumerà tuttavia i propri tratti tipici solo con l'insegnamento di Diogene di Sinope, allievo di Antistene. Muore di malattia verso il 365 a.C.


Antistene nasce ad Atene nel 445 a.C. da padre ateniese e da madre tracia (forse una schiava). Fu seguace di Gorgia e, già nella maturità, entra nel circolo socratico. Diogene Laerzio riferisce che "siccome abitava al Pireo, ogni giorno percorreva quaranta stadi a piedi, in salita, per ascoltare Socrate" (VI, 1). Platone nel Fedone (59b) lo indica tra coloro che furono presenti alla sua morte nel 399 a.C., e quindi quando Antistene aveva 46 anni. Secondo Diogene Laerzio Antistene aveva un carattere piuttosto insofferente e mordace, non risparmiava osservazioni sarcastiche anche verso Platone, che considerava troppo orgoglioso (Ivi); fu anche attivo nel perseguire gli accusatori di Socrate: "ha fama di essere stato l'artefice sia dell'esilio di Anito, sia della condanna a morte di Meleto" (Diogene Laerzio, VI, 9-10).
Dopo la morte di Socrate fu l'unico tra i seguaci di Socrate a non lasciare Atene e insegnò al ginnasio di Cinosarge, appena fuori dalle mura di Atene, che era deputato ad accogliere i figli illegittimi e i figli di madre non ateniese (come sappiamo da Demostene e da Plutarco). Il nome "Cinosarge" ("cane agile") come riferisce la Suda risale alla leggenda secondo la quale mentre Didimo stava per effettuare un sacrificio un cane balzò fuori e rubò l'offerta al dio, e un oracolo disse a Didimo di erigere un tempio nel punto in cui il cane aveva abbandonato poi l'offerta, il tempio di Eracle. Generalmente il termine "ciniscmo" viene ricondotto al nome del ginnasio dove Antistene insegnò, ma non è una ipotesi del tutto certa: Aristotele ad esempio nella Metafisica fa riferimento ad Antistene e ai suoi seguaci ma non utilizza mai il termine cinico. Solo con Diogene di Sinope tuttavia le analogie dei filosofi cinici con il cane diventa esplicita.
Diodoro Siculo (XV, 76.4) riferisce che Antistene era ancora vivo nel 366 e probabilmente morì di malattia nel 365 a.C..
Diogene Laerzio attribuisce a Antistene opere in dieci volumi (Diogene Laerzio, VI, 15-18), ma ci sono rimasti solo frammenti.
Antistene utilizzò la forma del dialogo e Ateneo riferisce degli attacchi rivolti a contemporanei in alcune sue opere: Nel "Ciro" attacca Alcibiade, in "Archelao" Gorgia e in "Satho" Platone. Sempre Diogene Laerzio attribuisce ad Antistene una certo tono sarcastico e il gusto per i giochi di parole (). Mentre Teopompo, che poteva ancora leggere le opere di Antistene, lo loda per lo stile e per l'originalità di alcune riflessioni che Platone avrebbe fatto proprie, Cicerone dice delle opere di Antistene che vi aveva trovato "più intelligenza che cultura" (Epistulae ad Atticum, xii. 38).
Sono sopravvissute invece due orazioni di scarso rilievio Aiace e Odisseo.
Senofonte gli attribuisce un grande rigore di vita (Symposium, iv. 34–44.) e, in generale, diceva che era 'la persona più piacevole in compagnia e la più temperante sotto tutti i rispetti' (riportato da Diogene Laerzio, VI,15)