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Le informazioni su Prodico, come per la maggior parte dei sofisti, sono molto limitate.
Nato nell'isola di Ceo, nelle Cicladi, viene indicato come allievo di Protagora (DK 84A1). Nelle testimonianze sulla sua vita si fa riferimento ad una sua missione come ambasciatore ad Atene coronata da un grande successo. "Inviato come ambasciatore presso gli Ateniesi, una volta entrato nella Sala del Consiglio, si mostrò la persona più adatta allo scopo, benché lo si sentisse poco e parlasse con voce profonda." (Philostr. DK84A1a); Al tono grave della voce fa riferimento anche Platone nel Protagora: "So.: Di quali argomenti discorressero, non mi fu possibile comprendere da fuori, per quanto avessi una gran vogli di ascoltare Prodico, perché mi sembra un uomo davvero sapientissimo e divino. Ma il tono da basso della sua voce produceva una sorta di rimbombo nella stanza, e non
lasciava distinguere ciò che diceva."
Lo ascoltarono con interesse Senofonte, Euripide, Tucidide, Isocrate e altri personaggi di spicco dell'Atene di questo periodo. Secondo Ammiano Marcellino in Tucidide si può ritrovare l'attenzione per la 'sinonimica' di Prodico.
La figura di Prodico è presente in diversi dialoghi platonici ed è presentata in forma meno critica degli altri sofisti.
Nella Suda (DK 84A1) si fa riferimento ad una condanna a morte per "corruzione dei giovani", ma non vi sono conferme autorevoli a questa notizia che lo accomunerebbe a Socrate.
Il tratto proprio della sofistica di Prodico era l'attitudine alla distinzione dei significati dei diversi termini, che probabilmente evidenziava la complessità e la sottigliezza del linguaggio (la "sinonimica"). Nei dialoghi socratici di Platone e anche in altri testimoni si fa riferimento all'abitudine di Prodico di distinguere e definire univocamente il significato di termini simili.
Scrisse "Le stagioni" (Orai), nella quale è contenuta l'allegoria di "Eracle al bivio", ripresa da Senofonte.